Puntuale e solitario, mi è spuntato il pelo della maturità. Mia nonna, mia mamma, e io, a una certa età, abbiamo guadagnato un pelo sotto il mento, da estirpare fino alla fine dei giorni con cadenza regolare.
Quando è comparso sotto il viso ovale e tenace di mia nonna, lei lavorava in fabbrica da una ventina d’anni, forse aveva già cambiato due case, col marito e la figlia, e aveva già accudito e seppellito diversi familiari. Aveva corso in bicicletta e a piedi al rumore delle bombe, e si era già giocata parte della vista e delle articolazioni delle dita. Il tutto senza farsi mancare la grinta né il sorriso. Non sapeva cosa voleva dire camminare con indosso un paio di pantaloni, anche se in casa li portava da sempre, e secondo me non aveva ancora visto i giorni migliori della sua vita, quelli al mare in Liguria.
Quello di mia mamma è sottile e discreto, come lei. Quando è apparso, lei era come sempre incurante della propria bellezza, aveva viaggiato per l’Europa e l’Egitto, e istruito certamente più di ottanta bambini. Aveva una eleganza innata che certe principesse non si sognano neppure. I suoi figli avevano già imparato a nuotare, a leggere, scrivere, contare, quasi sciare, e a darsele di santa ragione. Per loro, e anche per i figli degli altri, non smetteva mai di inventare giochi nuovi che facessero sorgere qualche interesse o curiosità. Era una donna indipendente, nel senso che aveva imparato subito a fare a meno di un marito. Non di uno qualunque, del suo.
Io sono andata a scuola con gli indiani, ho stappato la mia prima birra coi cowboys, ho portato la fascia tricolore con la stessa gravità di un settantenne, ho sulle spalle un pesante titolo di studio, un mutuo, diversi lavori nei quali ho dato pezzi di anima, due tentativi di convivenza, quattro traslochi di cui due in nave, non smetto mai di studiare e di andare ballare, e ho ancora le radici in un bicchiere d’acqua. E gli stivaletti con le borchie.
Tre generazioni diversissime, lo stesso caparbio pelazzo. L’importante, nei confronti del pelo, e della vita, è non perdere l’ostinazione.