Il sole di agosto filtra dalle righe delle persiane dell'arredo ufficio, come da capitolato color grigio alluminio. Solo io sono più pallida di lui.
Milano è sfinita ormai, è sempre un po' addormentata, spoglia e senza trucco, così com'è la frequentano solo i poveri e i matti. Infatti anni fa credevo che la gente impazzisse a Milano in agosto, e che la città fosse più bella, ma no, non è così, è che non c'è più alcuna distrazione, alcun impedimento al dar retta a chi sragiona, al guardare al di sopra delle vetrine serrate, fino in fondo alle vie, e dentro i cortili.
Si sente un po' lontano qualche ticchettìo di tastiera, di là allora qualcun altro non ha dovuto spingersi al sacrificio di abbandonare la scrivania per portare i bambini al mare o la moglie in montagna. Sarà magari una collega che tra poco sfilerà per di qua troppo scollata, con la pelle troppo scura e tesa, tinta polpa di albicocca matura, e con i braccialetti con le conchigliette, a comunicarmi che due settimane non le son state sufficienti per "staccare".
E la mattina quando mi sveglio nella mia stanza silenziosa sudo freddo, vedo il cielo campidanese, anche se ho gli occhi chiusi, e poi la campagna con gli orti, i terrazzi verdi, i parchi sui colli, gli specchi degli stagni, la via pineta, le palme, la sabbia, il mare che prende il largo, il mare aperto sempre più blu, e poi di nuovo il mare che va verso le sue rive, la sabbia, le palme, la via pineta, gli specchi degli stagni, i parchi sui colli, i terrazzi verdi, la campagna con gli orti, il cielo campidanese... la mia stanza silenziosa: ora ho gli occhi aperti.