mercoledì 19 dicembre 2012

Il Bar New York

Spesso la  mattina, quando la Stazione Centrale mi sputa fuori, faccio tre balzi sopra le rotaie del tram, una piccola serpentina tra i bus, trattengo il respiro 6 secondi per la puzza di piscio sempre nel solito punto, e poi evviva, mi infilo nel Bar New York.
Il Bar New York è un'oasi di anni 80, sogni di vacanze spensierate, e exmilanodaberepergentechelavora. La sala è ampia, il bancone interminabile, e c'è anche un vasto dehor sul marciapiede tra palazzi grigi e tram. Ha un'estetica smaccatamente metropolitana, post paninara e rampante.
Lì si può godere ancora un accento alla Cochi e Renato, una vera chicca ormai in città, e quella inflessione esageratamente meneghina che credo sia fastidiosa ai più nel resto d'Italia.

Il proprietario è un omone dall'aria furba che esprime una personalità ingombrante, con una bella panza che parte dallo sterno, i capelli grigio perla un po' lunghi sulle orecchie sul collo, la camicia sopra i pantaloni, gli occhiali con la montatura quadra e spessa, e in estate sbuffa come un mantice.
Egli sornionamente e senza cattiveria maltollera gli extracomunitari e i fuori di testa che si mischiano agli ordinati frequentatori del bar.
Poichè, pare, si sollazza frequentemente in sudamerica, la colonna sonora della colazione è sovente un ritmo latino che altrove mi sarebbe insopportabile, alternato a musica dance anni novanta.
Il barista è un quarantenne moro, sempre gentile e sorridente nonostante prenda il treno alle 6 ogni mattina per fare i cappuccini. Conosce vizi e virtù di tutti i caffè della concorrenza di zona, e mi presenta uno per uno ciascuno dei tipi di briosche che stanno sugli otto vassoi. Ci sono addirittura quelle con la crema di pistacchio, e le alzatine coi muffin, ormai imprescindibili in Lombardia, figuriamoci al New York.

Un giorno ci voglio portare SuperCozzi, il Supereroe coi riccioli magici.
Milano sei tremenda ma ti amo.

martedì 18 dicembre 2012

Di luce e tenebre

Si tratta di un inverno di spettri, sono tre: gelo, buio, povertà.
Chi non ha paura di gelo, buio, povertà, è pazzo. Oppure molto molto fortunato, perchè non li ha mai visti neanche da lontano.

Milano è sfacciata anche quest'inverno, anche a Natale, nel senso che ci ha perso la faccia. Straniere rivestite di lusso, e senzatetto che ti muoiono ai piedi. E i tre spettri se li prendono, mentre tric e trac tu corri da qualche parte, cercando di non sentire la fitta che attraversa la cavità dove dovrebbero risiedere i sentimenti.

Sarà la paura degli spettri che fa appendere le luci dappertutto, come se avanzasse energia nel mondo per distrarci con miliardi di sciocche lampadine, che ci fa scoppiare di brindisi di bollicine e zucchero e cioccolato.

Tutta luce e calore a caro prezzo, che viene da fuori, fuori resta, e non scalda dentro. Ma come si fa a credere ancora che esista una magia di Natale, che non sia solo una manciata di polvere di stelle e zucchero a velo tirata negli occhi.

mercoledì 21 novembre 2012

Assiduità

Dall'acne alla barba, il mio giovane affezionato ex stalker mi regala momenti di raro lirismo.

"Non hai più l'uomo, e non dire che non è vero perchè l'ho curato e non c'è più."

"Eggià."

"Era troppo brutto e troppo vecchio per te."

"... Cosa vuoi?" (Che ingenua...)

"Volevo dirti che mi sposo, ma prima ti prego vorrei almeno una volta fare l'amore con te, poi da quando sarò sposato farò il bravo, giuro."

"Ah che bello! E quando ti sposi?"

"Ma... fra cinque, sei anni..."

giovedì 4 ottobre 2012

Di cambi di armadi e di visioni

Sei sulla strada con le foglie già cadute
con le foglie che cadranno ancora e che diventeranno terra e odore bagnato
la terra che si farà morbida sotto i tuoi passi
sei sulla strada ti lasci graffiare dal gelo
e ti può sciogliere il sole se tu vuoi aprire il cielo
sei tu la strada e non se ne vede la fine, se non una vetta
o un orizzonte.

giovedì 13 settembre 2012

Tracce di fine estate

“Ahi settembre mi dirai quanti amori porterai, le vendemmie che farò…” A. Fortis
Ieri è iniziata la scuola.  Per tutti, perché è un fatto sociale. Game over. Oppure let the game start. 
Idee per il primo tema dell’anno scolastico, con uno sguardo all’estate andata, e all’autunno che verrà.
  1.  La patria che ha inventato il French Kiss, il bacio con la lingua, promette ora alle coppie dello stesso sesso la possibilità sposarsi e adottare un figlio. Per quanto tempo noi italiani dovremo sentirci in dovere di scandalizzarci anche di questa novità, prima che venga accettata come normale prassi di vita e/o amore, tanto quanto la prima citata?
  2. 150 sfumature di caso editoriale, ovvero il Principe Azzurro sadomaso. Si è scoperto, dentro un secchio di acqua calda, che esistono gusti sessuali differenti, e che anche le femmine gradirebbero provare piacere fisico. Avvilente e poco innovativa la proposta dell’eterna illusione del bello-straricco-generoso di successo, che dopo svariato sesso si innamora perdutamente e vuole sposare la povera insignificante. Perché alle donne, lungo il lento cammino verso la liberazione,  piace sempre farsi del male?
  3.  Renzi, Monti, Grillo, Bersani. I politici italiani, raggiunta la notorietà, rassomigliano man mano sempre più alle loro caricature. Tracciare il profilo di un potenziale leader politico abbia i requisiti per rimanere credibile per almeno 72 mesi.

martedì 11 settembre 2012

Il disagio dell'11 settembre

E' un disagio sottile, profondo, fastidioso, come il taglio di un foglio di carta. Mi trivella il fondo della coscienza la sensazione che ci stiamo lasciando convincere a guardare le vicende dei nostri simili del mondo attraverso un cannocchiale, con un diametro minuscolo, che ci fa vedere soltanto New York perchè lì ci sono gli individui che ci piacerebbe credere di essere, che hanno quello che vorremmo avere.

Dopo l'11 settembre avevo una gran paura. Non di Osama Bin Laden. O dell'Islam. O del burqa. Ma della violenza della reazione che avrebbe potuto avere, forte del suo strapotere, il governo del popolo che ci ha liberati, comprati, poi inebetiti, e infine venduto di tutto. E non per me medesima. Ma per chi da quando è al mondo non ha visto mai sopra nè al di là di un gigantesco polveroso sanguinolento ground zero.

lunedì 13 agosto 2012

Febbre d'agosto


Il sole di agosto filtra dalle righe delle persiane dell'arredo ufficio, come da capitolato color grigio alluminio. Solo io sono più pallida di lui.
Milano è sfinita ormai, è sempre un po' addormentata, spoglia e senza trucco, così com'è la frequentano solo i poveri e i matti. Infatti anni fa credevo che la gente impazzisse a Milano in agosto, e che la città fosse più bella, ma no, non è così, è che non c'è più alcuna distrazione, alcun impedimento al dar retta a chi sragiona, al guardare al di sopra delle vetrine serrate, fino in fondo alle vie, e dentro i cortili.

Si sente un po' lontano qualche ticchettìo di tastiera, di là allora qualcun altro non ha dovuto spingersi al sacrificio di abbandonare la scrivania per portare i bambini al mare o la moglie in montagna. Sarà magari una collega che tra poco sfilerà per di qua troppo scollata, con la pelle troppo scura e tesa, tinta polpa di albicocca matura, e con i braccialetti con le conchigliette, a comunicarmi che due settimane non le son state sufficienti per "staccare". 

E la mattina quando mi sveglio nella mia stanza silenziosa sudo freddo, vedo il cielo campidanese, anche se ho gli occhi chiusi, e poi la campagna con gli orti, i terrazzi verdi, i parchi sui colli, gli specchi degli stagni,  la via pineta, le palme, la sabbia, il mare che prende il largo, il mare aperto sempre più blu, e poi di nuovo il mare che va verso le sue rive, la sabbia, le palme, la via pineta, gli specchi degli stagni, i parchi sui colli, i terrazzi verdi, la campagna con gli orti, il cielo campidanese... la mia stanza silenziosa: ora ho gli occhi aperti.

martedì 3 luglio 2012

L'estate è sempre inutile

"E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio"

Eugenio Montale

Il titolo è quello di un pezzo dell'ex gruppo dell'altrove citato rocker, il quale al momento cerca il fresco e si gode le adoranti ninfette che han mollato libri ed esami e adottato il minishort: ruspanti piaceri estivi.

Grazie a Dio l'estate non è mai utile, non serve a niente, anche per chi incessantemente lavora è una pausa di contemplazione forzosa e spesso inconscia, i progetti nascono nell'obnubilo della calura, i pensieri passano come ronzii di zanzara, è il tempo per restar confusi.

Inizia così: arriva giugno, e ci si sente tutti scolaretti, si allenta la tensione, o aumenta il nervosismo, c'è chi si fa schizzare gli occhi fuori dalla testa per cercare l'evasione, chi non riesce più a formulare un pensiero razionale. Ci sono le separazioni da luoghi e persone, c'è la pelle che torna a sentire il sole, l'aria e l'acqua. Ci sono sensazioni, visioni, esperienze, che poi resteranno per sempre cristalizzate lì, nell'estate dell'anno tale. E che nonostante siano figlie della malinconica pigrizia della stagione calda, magari apriranno o chiuderanno per sempre un cancello.
Finisce così: a settembre inoltrato la si rimpiange sempre, come fosse bellezza e giovinezza, si traccia l'inevitabile bilancio, e si desiderano un maglione e una vita diversa.

Ci sono sempre tante domande, a cui è meglio non dare risposta prima che non sia di nuovo iniziata la scuola. Chissà perchè, per esempio, le stelle le guardiamo solo in estate.


giovedì 17 maggio 2012

L'inizio di un'ERA: tempo imperfetto del verbo essere


Questa mattina, sulla metropolitana, ho finto di nulla mentre due universitarie mi squadravano da piedi a capo, commentando con beata leggerezza.

"Lo smalto che voglio io, ma sarà gel?" "Boh son troppo perfette" "La ballerina così con le borchie, bella, la cerco anche io" "E ma se avessi la caviglia così" "Ma vedi il pantalone nero più stretto sotto, quello porta via" "Bello il taglio" "Sì ma che coraggio, poi farli ricrescere quando passa il momento" "Anche col ciuffo chiaro ma con un colore un po' più... boh... ma lei è così naturale secondo me" (sì, magari, n.d.r.) "sta troppo bene, mette in evidenza la mandibola" (la mandibola????!!!! n.d.r) "il collo e le spalle, bisogna avere tutto... giusto boh... con le orecchie proporzionate..." "be' non bisogna essere grasse e bisogna avere i lineamenti fini" ... "deve essere stata molto bella da giovane". Che mazzata. Così imparo ad origliare.

martedì 15 maggio 2012

Mi me piasaria savé chi l'è el pirla...

... che ha deciso che adesso, proprio in questo momento, si sgombera Macao. L'unico grattacielo buono che c'è qua intorno, più di trenta piani di ex edificio di Ligresti con la scritta "Si potrebbe anche pensare di volare", o una cosa del genere, contenente diversi strati di artisti indipendenti.

Erano lì solo dal 5 maggio, e passando sulla via per la stazione ci son saltata dentro un paio di volte: impolverato, ma non sporco, indipendente, ma non freak, bohémien, senza essere clochard. Niente pericolo, niente aggressività, gente che ti ringrazia perchè la vai a trovare. E non mi pareva tutta una scusa per farsi le canne e dormire in giro, c'era cultura e c'erano artisti veri, che ti fan vedere e sentire cose.
E poi questa mattina l'imbarazzo di vedere tenute antisommossa contro faccette pulite e sconcertate.

Forse, se il Parco di via Gioia non fosse stato abbattuto per innalzare inutili falli di cemento, la Madonna, dal Duomo, avrebbe ancora potuto vedere fin qua, e non l'avrebbe permesso.

Niente, anche stavolta, anche a Milano, la cultura deve restare off.

giovedì 10 maggio 2012

Village People

Premessa: io amo il mio paesello, perchè amo la gente del mio paesello.

C'è una immagine che merita sei righe, sei.

Stasera, al bar, il Sig. E. F., imprenditore del settore autotrasporti, mi diceva di quanto è affezionato al suo maiale, che ha 7 anni e che pesa 5 quintali. Si chiama Bino, vive dietro ai camion, insieme a 6 cavalli, e ama molto la pizza. Commosso, il Sig. F. ha ricordato di quando lo ha vinto durante una fiera, e LO HA POSIZIONATO SUL SEDILE DELLA SUA FERRARI TESTAROSSA, PER CONDURLO A CASA.

N.B. Maiale, al mio paesello si dice "nimal": è l'animale per antonomasia.

domenica 6 maggio 2012

PREcariaggini

DEVI essere PREcisa.
DEVI essere PREparata.
DEVI essere sempre PREsente.
DEVI essere anche sempre PREsentabile, dalle 8 alle 20.
DEVI essere PREdisposta ai rapporti interpersonali. Qualunque cosa voglia dire.
DEVI eccellere nel PREesame e poi in tutti quelli successivi.
DEVI essere PREmurosa con le colleghe che hanno i bebé, perchè loro mandano innanzi l'umanità.
DEVI lasciar passare avanti i PREdestinati.
DEVI saper PREcorrere le esigenze del mercato.
DEVI PREvedere ogni eventuale intoppo nei flussi.
DEVI PREvenire le obiezioni che potranno emergere nel corso della prossima riunione.
DEVI PREgare di avere uno stipendio il mese a venire.
DEVI capire perchè non sei la PREdiletta.
DEVI essere dannatamente PREoccupata per ogni piccolo errore perchè potrebbe rendere evidente che di te si può o si deve fare a meno.
DEVI stare attenta a non PREgiudicarti delle possibilità.
Perchè se no, sai, là fuori c'è gente che si ammazza.
Voglio un volo dall'ottavo piano. Ma con una rete sotto. E un abbraccio.

mercoledì 25 aprile 2012

Liberi tutti!

Evviva! Finalmente il 25 aprile! Non ammetto pensieri, lavoro, malumori, è la primavera nazionale, europea, è il giorno in cui gli americani sono solo simpatici, in cui i nostri vecchi vanno abbracciati e buttati in aria con grida di giubilo.
Da quando sono nata non ho mai vissuto di persona un momento storico di orgoglio nazionale, mi tocca andare indietro a quella grande primavera, quando esisteva il sacrificio, esisteva un noi, esisteva il prossimo, esisteva un futuro, e GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE a tutti i partigiani, soprattutto alle partigiane, e a quanti li sostenevano. Vi penso sempre, vi vedo come le luci del primo sole di aprile, camminare felici e liberi, finalmente, a insegnarci come stare al mondo.

P.S. Grazie anche ai Subsonica, per il concerto del 23 aprile. E al mio grande amico Zac.

martedì 17 aprile 2012

08.08

Quell'estate ho dipinto le mie mani con il succo dei gerani
parlando alle stanze vuote
ho mangiato sabbia, ho vomitato tristezza, ho bevuto rabbia
ho visto incresparsi sull'acqua le mie intenzioni
ho scoperto le mie vene ai miei amici
ho sorpreso un gatto che provava compassione
ho fissato nella memoria il giallo oro mantovano
per non dimenticare mai più una passeggiata con una canotta colore rosa fucsia
ho dondolato su tutte le ore della notte
dietro la porta, ascoltava in silenzio la follia.

lunedì 16 aprile 2012

Grigio lama di coltello

Milano. Lunedì. Interno sera. Modalità primavera: off. Cielo: grigio. Intorno grattacieli in costruzione, e già costruiti, mezzi vuoti. E tutto un tintinnìo di manette, porte sbattute, isterie nei corridoi potenti.
Di questi tempi, nei palazzi di uffici le porte si chiudono e basta. Qualcuno le sbatte, ma i più le prendono in faccia. I secondi in genere sono gli innocui.

Non trovo giusto che per una serie di questioni che riguardano la malagestione della cosa pubblica, della cosa privata, e la inettitudine di una certa Italia, o io o questa bella topina che ho al mio fianco dobbiamo lasciare questo posto di lavoro che sicuramente entrambe amiamo e meritiamo. Non trovo etico che chi si è tanto impegnato e tanto si impegna debba essere sacrificato. Tutta la mia operosità e la mia passione non serviranno a scacciare l'imperio della pigrizia, della furbizia, della presunzione, del grigio puzzolente.

Si dovrebbe voler stare sempre più in alto per essere vicino al cielo, non per sputare in testa a chi sta sempre sotto. Questi grattacieli non servono a niente. E non si vede più neanche la Madonna. Bastardi.

giovedì 22 marzo 2012

Tecnicamente, va meglio

Sto bene così, con la coscienza critica dondolante su un'amaca che si regge tra Monti e Passera, che si disseta all'amaro calice di Fornero, osservando placidamente le mosse sicure di donne dal valore innegabile e dal passato inequivoco come Cancellieri e Severino. Sto tranquilla, non c'è bisogno di chiudere occhi e orecchi se Terzi o Di Paola vanno all'estero.
Lo so è sbagliato, bisogna stare sempre accesi e vigili, ma c'era bisogno di una pausa, di qualcuno di cui fidarsi. Di qualcuno che quantomeno sia focalizzato su quello che sta facendo.
"L'idea che terminato questo mandato si torni alla politica, mi è insopportabile" (cit. Corrado Augias). Sono d'accordo, Sir Augias, godiamoci l'intervallo, almeno per un po'.

Rock on

C'è un rocker nell'Emilia che è la mia cura di bellezza. Quando voglio fare il migliore dei sorrisi, quando voglio gli occhi più luminosi, mi faccio venire in mente le nostre risate a scoppio, oppure ripenso a quando lui suona e io ballo, e a quando giochiamo tra le piazze e i portici.

Quando mi trovo in una situazione da fastidiosa a molto difficile, penso che lui crede davvero che io sia speciale e che posso superare ogni cosa, e la sua certezza è la mia.
Così mi aiuta ad alzare sempre la testa.

La prima volta che l'ho visto, mi ha detto il suo nome e mi stava già divertendo. Poi abbiamo deciso che era tempo di buttarsi in un viaggio dei sogni che non avevamo mai fatto prima, ognuno il suo ovviamente, separatamente.
Non ci si è visti per un po', ma senza perdersi, e ho lasciato che mi cercasse, tanto a lui non van date spiegazioni, perchè lui è nervi, grinta e libertà.

Quando ci siamo rivisti, abbiamo anche passeggiato a notte fonda in un presepe che sembrava un cimitero di morti viventi.
Oggi per esempio mi ha chiamata, e le colleghe mi han detto che i capelli mi donano veramente in modo particolare, e che ho una bella pelle.

mercoledì 21 marzo 2012

Semplici parole di Guerra

Buon riposo al tuo corpo, Tonino Guerra.
Una vita eterna, la tua, perché hai prodotto tanta bellezza da colmare un'infinità di giorni, prima e dopo le "Storie dell'anno Mille".
Di tutte le tue arti, io preferisco quella di creare con le parole.
Quelle poche, ma buone.
Degli avvisi, dei messaggi al Sindaco, dei pizzini alla moglie, delle scritte sui totem.

lunedì 12 marzo 2012

Il pelo della maturità

Puntuale e solitario, mi è spuntato il pelo della maturità. Mia nonna, mia mamma, e io, a una certa età, abbiamo guadagnato un pelo sotto il mento, da estirpare fino alla fine dei giorni con cadenza regolare.

Quando è comparso sotto il viso ovale e tenace di mia nonna, lei lavorava in fabbrica da una ventina d’anni, forse aveva già cambiato due case, col marito e la figlia, e aveva già accudito e seppellito diversi familiari. Aveva corso in bicicletta e a piedi al rumore delle bombe, e si era già giocata parte della vista e delle articolazioni delle dita. Il tutto senza farsi mancare la grinta né il sorriso. Non sapeva cosa voleva dire camminare con indosso un paio di pantaloni, anche se in casa li portava da sempre, e secondo me non aveva ancora visto i giorni migliori della sua vita, quelli al mare in Liguria.

Quello di mia mamma è sottile e discreto, come lei. Quando è apparso, lei era come sempre incurante della propria bellezza, aveva viaggiato per l’Europa e l’Egitto, e istruito certamente più di ottanta bambini. Aveva una eleganza innata che certe principesse non si sognano neppure. I suoi figli avevano già imparato a nuotare, a leggere, scrivere, contare, quasi sciare, e a darsele di santa ragione. Per loro, e anche per i figli degli altri, non smetteva mai di inventare giochi nuovi che facessero sorgere qualche interesse o curiosità. Era una donna indipendente, nel senso che aveva imparato subito a fare a meno di un marito. Non di uno qualunque, del suo.

Io sono andata a scuola con gli indiani, ho stappato la mia prima birra coi cowboys, ho portato la fascia tricolore con la stessa gravità di un settantenne, ho sulle spalle un pesante titolo di studio, un mutuo, diversi lavori nei quali ho dato pezzi di anima, due tentativi di convivenza, quattro traslochi di cui due in nave, non smetto mai di studiare e di andare ballare, e ho ancora le radici in un bicchiere d’acqua. E gli stivaletti con le borchie.

Tre generazioni diversissime, lo stesso caparbio pelazzo. L’importante, nei confronti del pelo, e della vita, è non perdere l’ostinazione.

venerdì 2 marzo 2012

Solo Se

Se sei pronto a volare tra le varianti a tutte le velocità.
A sopportare l'agro della verità, e a riconoscere le bugie.
A non chiedere un senso al passato. A fidarti del futuro.
Ad abituarti ai tacchi a spillo sbucciati. Alle ginocchia sbucciate.
All'odore di smalto, e di incenso.
Agli errori.
Agli opposti.
Al silenzio del bianco.
Al rosso.
Se corri solo per l'aria sulla faccia.
Se hai davvero il desiderio di conoscere quello che non vedi.
Se ti piace prendere una mano tanto quanto lasciarla andare.
Chiudere gli occhi e vedere la luce dorata.
Spendere i soldi come le energie.
Fare domande. Rispondere anche a notte fonda. Setacciare le parole.
Confonderti con la musica.
Se credi che abbia un senso esplorare tutti i significati di una risata. E del pianto.
Se preferisci lasciare al mare quello che è del mare. Alla Terra quello che è della Terra. E guardare in su.
Sì che potrei, con tutta la mia forza contro la tua, spingerci verso più di mille luminose mete.

domenica 5 febbraio 2012

Quello che poi rimane

E' certa poesia.
Perchè la fine di ogni amore giovanile è un po' un suicidio.
.

sabato 4 febbraio 2012

Male non necessario

Ecco lì il maschile e il femminile. Il femminile cura, il maschile stermina. È un giorno triste.
Se stigmatizzo è perché è così che anche oggi è successo.

Accade che poiché si è deciso che non tutti gli animali hanno asilo nei pressi della casa, il topo, che un razzismo tutto umano vuole più vile, infestante e sporco di altri animali, debba essere attirato solo per essere crudelmente ucciso tramite incollamento.

La trappola infida però, attrae per sventura anche l’inconsapevole pettirosso, curato, nutrito, vezzeggiato, amato, e tradito.

venerdì 3 febbraio 2012

Sblocchiamoci

“Fisso” che aggettivo triste, grigio, freddo. Ha il “moroso fisso”: e te la vedevi subito abbandonare le amiche e le attività extracurricolari per un baccalà. Ha “una idea fissa”: se va bene è un tipo di intollerabile pesantezza, se va male, uno psicopatico.
“Fissa” è anche la protesta senza analisi critica, senza curiosità. Male degli italiani, la protesta fissa. Specie di quelli dalla mia età e anche un po’ più giù, ahimé. Che monotonia “il posto fisso”, ha detto il teknopremier. Non ha detto “garantito”, “stabile”, ha detto “fisso”.

Poi l’abbiamo presa male perché un posto di lavoro, anche senza aggettivi, oggi, è un privilegio. Ma i nostri eroi non erano Filini e Fantozzi, una volta. In America non aspettano il contratto che li porterà nella tomba e la casa di proprietà per essere padroni di loro stessi. Cambiano carriera come cambiano le esigenze, senza shock, traumi familiari, o ferite nello status.

“Che monotonia il posto fisso”. Ha ragione. Che supplizio essere conficcati in una situazione lavorativa. Per qualunque ragione. Perché non si hanno altre chances, per esempio. Perchè non le dà il mercato o perchè non si è versatili. Oppure perché non si hanno gli attributi per affrontare i cambiamenti. Perché si intasa facebook di frasi effetto sull’afferrare la propria vita ma poi non si fa un passo se non si hanno tutte le certezze che avevano i genitori.
Non di meno, è indesiderabile essere inchiodati nella disoccupazione. Essere immobilizzati da una banca, da un debito. E lì ok, toccherebbe a Mario Monti risolvere il problema.